ELISA POLI

Gruppo Analisi

La gruppoanalisi considera l’ individuo come soggetto in relazione con il mondo che lo circonda. In effetti, fin dalla nascita, noi siamo in relazione. Con le figure genitoriali, in primo luogo, e poi crescendo, con i compagni di scuola, con gli amici, con i colleghi di lavoro, con il partner. Certamente, le relazioni con mamma e papà sono le più importanti, perchè ci forgiano e determinano il nostro modo di aprirci al mondo. Se queste prime relazioni sono sane e funzionali, ci permettono di sviluppare risorse e strategie positive per affrontare le difficoltà della vita ( in gergo, dei buoni modelli operativi interni). Se, in caso contrario, tali relazioni sono problematiche, è possibile che portino disagio, pensieri distorti di sè (ad esempio “sono un fallimento”, oppure ” non merito amore” e via così) e veri e propri disturbi psicologici. Per questa ragione, l’ approccio gruppoanalitico considera l’ analisi di queste relazioni primarie come il cardine per poter comprendere e risolvere i problemi e i disturbi del presente. Ogni disagio o sintomo del presente è specchio di questi legami del passato.

Il passato influenza il presente

A supporto di tale prospettiva,  c’è la teoria dell’ attaccamento di Bowlby, corroborata da numerose ricerche ed osservazioni dell’ interazione madre-bambino, che afferma che se una madre ( o più in generale un care-giver) è “sufficientemente buona” ( ossia sintonizzata sui bisogni del bambino, accudente e tutelante) consente al bambino di costruire una base sicura interna, che lo porterà a vivere serenamente adattandosi al mondo che lo circonda. Viveversa, una madre non disponibile, non solo fisicamente quanto emotivamente, genera nel bambino grande angoscia e smarrimento, che determinano nell’ adulto estrema fragilità, bassa autostima e  disagio psicologico.

Anche le ultime scoperte in ambito neuroscientifico, confermano quanto sostenuto dalla gruppoanalisi e da Bowlby. In particolare Siegel, introducendo il concetto di mente relazionale, afferma che le relazioni con il mondo che ci circonda influenzano la nostra stessa struttura  cerebrale. Come se le esperienze vissute in contatto con l’ Altro si inscrivessero a livello cerebrale, plasmandoci dal profondo.

Si può cambiare?

Una volta modellato il nostro cervello può ancora mutare? Fortunatamente sì, può mutare grazie alla neuroplasticità, che permette di creare nuove connessioni sinaptiche, e in questo, la psicoterapia svolge un ruolo fondamentale, poichè la relazione terapeuta-paziente, può costituire un’ occasione di sintonizzazione e vicinanza emotiva riparativa rispetto alle esperienze negative e dolorose del passato. Una sorta di seconda possibilità per il paziente che si sente riconosciuto, accettato, ascoltato come forse mai prima.

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